[Lettura #29/2012] Il profumo delle foglie di limone
di Clara Sàncez
Hardcover, 378 pagine, Mondolibri 2009



Sapevo cosa stava pensando mia figlia mentre mi guardava preparare la valigia con i suoi occhi scuri penetranti e un po’ impauriti. Erano come quelli di sua madre, mentre le labbra sottili le aveva prese da me, anche se con il passare degli anni, facendosi più rotonda, aveva finito per somigliare sempre di più a lei. Se la paragonavo alle foto di Raquel a cinquant’anni erano proprio due gocce d’acqua. Mia figlia pensava che fossi un vecchio pazzo e senza speranza ossessionato da un passato che ormai non importava più a nessuno ma del quale non riuscivo a dimenticare neppure un giorno, un dettaglio, una faccia o un nome, anche se si trattava di un nome tedesco lungo e difficile, mentre spesso dovevo sforzarmi per ricordare il titolo di un film visto da poco.incipit
Perché Fredrik e Karin sono criminali nazisti. Si sono distinti per la loro ferocia e ora covano il sogno di ricominciare. Lo sa bene Julián, scampato al campo di concentramento di Mauthausen, che da giorni segue i loro movimenti. Sa bene che le loro mani rugose si sono macchiate del sangue degli innocenti. Ma ora, forse, può smascherarli e Sandra è l’unica in grado di aiutarlo. Non è facile convincerla della verità.
Eppure, dopo un primo momento di incredulità, la donna comincia a guardarli con occhi diversi e a leggere dietro quella fragile apparenza.
Adesso Sandra l’ha capito: lei e il suo piccolo rischiano molto. Ma non importa. Perché tutti devono sapere. Perché è impossibile restituire la vita alle vittime, ma si può almeno fare in modo tutto ciò che è successo non cada nell’oblio. E che il male non rimanga impunito.
La prima caratteristica del romanzo che mi ha fatto innervosire è stata la mono-dimensionalità dei personaggi, tra i quali non ce n’è uno che si salva, soprattutto i nazisti che risultano tutti uguali: da fuori sembrano innocui anziani ma nei loro sguardi ogni tanto passano dei lampi di inquietante malvagità. Anche Sandra, che apparentemente dovrebbe essere quella che compie un percorso di crescita, in realtà rimane piatta, scialba, non ha carattere, anche quando Juliàn esalta le sue doti di coraggio e di forza d’animo. A me è parso che per la maggior parte del romanzo si facesse semplicemente trascinare dagli eventi.
Sulla trama posso dire davvero poco, a parte sottolinearne nuovamente la banalità. Evito poi di addentrarmi troppo nei dettagli delle due storie d’amore una più senza senso dell’altra, o meglio, una sviluppata davvero malissimo, e l’altra buttata lì proprio perché l’autrice non sapeva come concludere il romanzo.
La scrittura è piatta come i personaggi, il male che trasuda da queste persone non si percepisce, ci viene semplicemente raccontato, e anche Juliàn, che avendo vissuto sulla propria pelle l’orrore del campo di concentramento avrebbe dovuto essere il personaggio più carico di rancore, odio e disprezzo, in realtà lo è solo a parole: viene detto dall’autrice che Juliàn vuole vendetta, ma il suo dolore e la sua rabbia non si sentono.
Forse dire che l’unica parte effettivamente curata del libro siano stati titolo e copertina può sembrare esagerato e un po’ “snob” da parte mia, ma davvero questa lettura non mi ha lasciato nulla di più di un bel volume che decorerà ancora per poco la mia libreria (il libro infatti è di mia mamma).
Inizio lettura: 12 settembre 2012
Fine lettura: 20 settembre 2012