
di J.K. Rowling
Hardcover, 553 pagine, Salani 2012




Barry Fairbrother non voleva uscire a cena. Aveva avuto un mal di testa martellante per quasi tutto il fine settimana e stava lottando contro il tempo per consegnare il pezzo al giornale locale entro la scadenza. (incipit)
J.K. Rowling firma un romanzo forte e disarmante sulla società contemporanea, una commedia aspra e commovente sulla nozione di impegno e responsabilità. In questo libro di conflitti generazionali e riscatti le trame si intrecciano in modo magistrale e i personaggi rimangono impressi come un marchio a fuoco. Farà arrabbiare, farà piangere, farà ridere, ma non si potrà distoglierne lo sguardo, perché Pagford, con tutte le sue contraddizioni e le sue bassezze, è una realtà così vicina, così conosciuta, da non lasciare nessuno indifferente.
Come già ci aveva fatto capire con la saga di Harry Potter, il suo punto di forza sono proprio i personaggi: in questo romanzo ce ne sono moltissimi ma ciò che è incredibile è che già dopo i primi capitoli in cui vengono introdotte le diverse famiglie, è praticamente impossibile fare confusione mescolando nomi e caratteristiche. Ogni abitante di Pagford è unico e i soli che mi hanno dato qualche leggero problema sono stati i Jawanda ma semplicemente perché, non essendo abituata ai nomi indiani, mi è capitato in un capitolo ambientato nella loro casa di confondere la madre con la figlia.
Impossibile non trovare un proprio “personaggio del cuore”; personalmente ho amato molto Krystal Weedon, la ragazza problematica con la madre drogata, e Kay Bawden, l’assistente sociale che per un periodo prende in cura i Weedon. In realtà però tutti i personaggi, come accade nella vita reale, hanno dei momenti di “buona” in cui non si può non condividere le loro azioni: ad esempio, un personaggio a mio parere insopportabile come Samantha Mollison, a volte l’ho sentita molto vicina… poi voltavo pagina e non la sopportavo più nuovamente!
L’effetto generale del romanzo è stato un coinvolgimento emotivo enorme: a volte avrei voluto entrare nella storia e intervenire, solitamente in difesa dei personaggi più subivano gli errori e le mancanze degli altri (Krysta, il suo fratellino Robbie, Sukhvinder Jawanda ossessionata dalle prese in giro dei compagni, Andrew e Paul Price, al cui padre violento avrei volentieri spaccato la faccia).
Per quanto riguarda la trama, se si va a scavare ci si rende conto che è solo un filo conduttore che serve a tenere uniti e a collegare i diversi personaggi essendo loro il vero fulcro del romanzo: la morte di Barry Fairbrother fa da sottofondo a tutte le vicende dei singoli protagonisti provocando le conseguenze più disparate, direttamente o indirettamente. La conclusione è straziante, anche perchè ci vanno di mezzo forse gli unici che davvero non se lo sarebbero meritato. Non ho pianto, stranamente, ma ho chiuso il libro sentendomi triste e allo stesso tempo soddisfatta di non essere stata delusa.
Inizio lettura: 23 maggio 2013
Fine lettura: 03 giugno 2013
